Il racconto del seminario di ATWine sui vitigni autoctoni laziali in trasferta nelle due tappe in Sicilia ospiti dei delegati Paolo Pennisi di Ais Jonico Etnea e di Lillo Trupia di Ais Agrigento Caltanissetta.
Vieni con me? Ti porto in Lazio…
Siamo a Caltanissetta il 19 maggio 2023, due relatori di eccezione, dieci vini di qualità, l’Associazione Italiana Sommelier: ci sono tutti gli elementi per una serata che meriti di essere raccontata e ricordata!
“Lo studio e la costante ricerca sui vitigni autoctoni” è l’itinerario di viaggio proposto da Roberto Mazzer e Pierpaolo Pirone, due affermati enologi di Atwine, ospiti della delegazione AIS Agrigento Caltanissetta. Il protagonista è come sempre, il vino. Andiamo a conoscerlo.
Come ci ricordano i due relatori della masterclass, è ormai da diversi anni che i produttori di vino puntano non tanto sulla quantità del prodotto, ma piuttosto sulla qualità di ciò che si beve. Questo ha portato, in molte regioni del nostro Paese, alla riscoperta dei vitigni autoctoni. Compresi quelli poco conosciuti o comunque, fino a qualche tempo fa, dimenticati.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel Lazio, come in molte altre regioni italiane, si è verificata, in seguito alla necessità di ricostruzione economica e alla crescente richiesta di vini di massa, una perdita significativa di vitigni autoctoni e una tendenza verso la coltivazione di varietà internazionali più produttive e facili da coltivare.
Negli ultimi decenni, la ricerca di qualità crescente ha portato a recuperare e valorizzare i vitigni autoctoni, poiché posseggono caratteristiche uniche e un saldo legame con la tradizione e con il territorio al quale appartengono da sempre.
Nel corso di questa interessante degustazione, tra i vitigni autoctoni del Lazio, ci siamo inizialmente imbattuti nel Nero Buono, che ritroveremo, sotto altre forme, anche in due calici successivi.
Il primo vino della batteria è un metodo ancestrale della pianura pontina “Baruffa”, prodotto dalla cantina, tutta al femminile, Donne del Vico, un nero buono del 2021. Un metodo ancestrale che, in barba al nome e al colore del vitigno, dà vita a un vino bianco frizzante! L’idea vincente nasce dalla necessità di avere un prodotto, caratterizzato dalla facilità di beva, per soddisfare i numerosi palati che popolano durante l’estate l’affollata costa pontina.
Il secondo vino in degustazione, sempre del 2021, è un uno spumante della cantina sociale Bacco, ci siamo spostati sulla Costa dei Cesari, nel territorio compreso tra Anzio e Nettuno. “Amoenus” è uno brut spumantizzato con metodo Martinotti lungo (10 mesi sui lieviti) da un altro vitigno autoctono del Lazio, questa volta a bacca bianca, il Cacchione (questo è il nome che prende il Bellone nella zona di Nettuno). Questo vitigno, coltivato a piede franco, fornisce al vino struttura e una bella acidità. Molto gradevoli al naso le note iodate e salmastre che richiamano il territorio di provenienza.
Ci spostiamo adesso verso l’entroterra, nella valle del Comino, caratterizzata da un clima quasi continentale, dunque con forti sbalzi termici durante l’estate e frequenti precipitazioni. Siamo nel comune di Atina, famosa per il suo cabernet, perchè già dai tempi dei Borboni era terra di vitigni internazionali. Ma grazie al lavoro realizzato dall’Università, ad opera del prof. Attilio Scienza, uno dei massimi studiosi al mondo di viticoltura, troviamo questa chicca di vitigno a bacca bianca: il Maturano, coltivano per non più di 10 ettari. Il vino in degustazione è dell’Antica Tenuta Palombo “Maturano” 2022. Questo è solo il secondo anno di produzione. La raccolta tardiva e il processo di stabilizzazione (mantenere il mosto a contatto con le sue fecce per alcuni giorni) conferiscono a questo vino freschezza e mineralità, al naso intenso, fruttato, note di erbe aromatiche. Vino equilibrato.
Per il quarto vino restiamo sempre nell’entroterra, ma ci spostiamo versi i Monti Ernici, ad Anagni, abbiamo nel bicchiere una Passerina del Frusinate, 2022, della cantina Casale della Ioria. Questo vitigno autoctono della provincia di Frosinone dà vita a vini da un intenso profilo aromatico, fiori e frutta a polpa bianca. L’acidità presente conferisce una piacevole freschezza.
La “Falanghina del Sannio” , 2022, della cantina Corte Normanna è il quinto vino in degustazione. Potrebbe sembrare un intruso…ma ricordiamoci che il Sannio storicamente indica un territorio che tocca non solo la Campania, ma anche il Lazio ed altre regioni.
La vinificazione viene effettuata tramite la criomacerazione e il batonnage su fecce fini per sei mesi. Il risultato nel calice è un vino cristallino di un bel giallo paglierino; al naso, intenso, fruttato e floreale; al palato, di buona struttura, persistente e armonico.
Il vino successivo è “Bellone” non filtrato, 2021, della cantina I Pampini. Ritorniamo nella Costa dei Cesari, in provincia di Latina. Il vitigno Cacchione/Bellone in purezza cresce su terreni sabbiosi di origine marina che contribuiscono a conferire al calice sentori floreali, erbacei e note minerali.
Con i suoi 13 gradi, si abbina perfettamente sia a piatti a base di frutti di mare che a secondi di pesce più elaborati.
Con il settimo vino, ritorniamo nell’entroterra laziale, nell’alta valle del Liri, dove incontriamo un vitigno autoctono a bacca rossa, il Lecinaro. Zitore, Frusinate Igp, del 2021, cantina Palazzo Tronconi. Questa cantina coltiva tutte le sue terre seguendo i principi della biodinamica, così come nel processo di vinificazione dello Zitore: fermentazione alcolica e malolattica spontanee con lieviti indigeni, nessuna stabilizzazione, nessuna chiarificazione o filtrazione. L’affinamento è realizzato in vasche di cemento per 15 mesi.
Per degustare il prossimo vino dobbiamo spostarci verso i monti Lepini, nel comune di Cori, con un altro Nero Buono, “Enea” Tenute Filippi, 2021. questa è una delle prime aziende biodinamiche del Lazio. All’esame visivo, osserviamo un colore rosso rubino intenso; a quello olfattivo, troviamo frutti rossi croccanti, in un vino intenso elegante e fine.
Il nono vino arriva dalla provincia di Frosinone. Il vitigno utilizzato è uno dei più conosciuti tra gli autoctoni del Lazio, il Cesanese, che dà vita, infatti, a una DOCG. Il “Colle Forma Cesanese del Piglio D.O.C.G Superiore”, 2020 della cantina Giovanni Terenzi proviene da terreni argilloso-calcarei, effettua un affinamento in botte grande per 20 mesi più 12 in bottiglia.
Nell’accostarci al calice, percepiamo un intenso e persistente profumo di piccoli frutti rossi. E’ un vino di corpo con tannino morbido e avvolgente.
E chiudiamo questo interessante e piacevole percorso, con lo stesso vitigno con il quale lo abbiamo iniziato: il Nero Buono. Dopo tutto questo ottimo vino, sperando di aver conservato ancora un po’ di lucidità…ci accostiamo a uno spumante metodo classico, affinato sui lieviti per 18 mesi. Ci siamo spostati ad Aprilia, dove la famosa cantina siciliana Murgo possiede da anni una tenuta, La Francescana, all’interno della quale ci si sta impegnando a valorizzare questo vitigno autoctono. Dal terreno sabbioso-argilloso di origine vulcanica, ci giunge al calice uno spumante con un perlage fine e persistente con aromi delicati e complessi, fresco e sapido.
Ringraziamo il Responsabile Servizi di delegazione Luca Baglieri e i Sommelier Mirko Costa, Luigi Gangarossa, Giuseppe Paci e Onofrio Patermo per l’efficiente servizio.
Ci portiamo da questa serata, non solo la grande competenza dei relatori, l’ottima qualità dei vini, ma anche la consapevolezza che la scoperta, la conoscenza dei vitigni autoctoni, coltivati e tramandati nel corso dei secoli, riflettono il terroir e la cultura di un determinato luogo, così come stasera è stato possibile scoprire di più sulla personalità del patrimonio vitivinicolo del Lazio!